Nel corso degli ultimi anni si è assistito al diffondersi, sia in Italia sia all’estero, di un crescente interesse nei confronti del tema dell’elettrificazione. La molteplicità degli aspetti rispetto ai quali tale tema può essere declinato ha visto convergere l’interesse di studiosi di discipline differenti. L’avvio della produzione dell’energia elettrica, a partire dagli ultimi anni dell’Ottocento, e la successiva elettrificazione del territorio hanno infatti avuto profonde ripercussioni non solo sul settore industriale e dei trasporti, ma anche sull’architettura, sull’ingegneria, sulle città, sul paesaggio e sulla società. Per quanto attiene in particolare la produzione dell’energia idroelettrica, nei due decenni a cavallo tra Ottocento e Novecento il paesaggio montano, e non solo quello, è protagonista di profonde e significative trasformazioni dovute all’impianto di nuove opere di architettura e di ingegneria, nonché di infrastrutture connesse alla produzione e alla distribuzione dell’energia elettrica. I paesaggi e le architetture elettriche rappresentano oggi una significativa testimonianza della storia che ha visto protagonisti l’Italia, la Spagna, la Francia, il Portogallo e numerosi altri paesi tra il XIX e il XX secolo. Si tratta di un patrimonio tuttora solo parzialmente indagato, rispetto al quale occorre farsi promotori di azioni volte a favorirne la conoscenza, la conservazione e non ultime la valorizzazione e la fruizione da parte di un pubblico sempre più ampio e non necessariamente specializzato. I manufatti connessi alla produzione dell’energia idroelettrica rappresentano infatti una vera e propria risorsa culturale che, qualora integrata alle altre risorse presenti nei territori montani, potrebbe acquisire maggiore visibilità e leggibilità contribuendo a rendere questi ambiti appetibili e ricercati non solo per gli aspetti di carattere naturalistico e paesaggistico, ma anche storico-culturale. Le opere e le infrastrutture realizzate per produrre energia idroelettrica, che in passato, al momento della loro costruzione, avevano contribuito a un incremento dei flussi turistici nei territori montani potrebbero dunque offrire nuove opportunità di svago e accrescimento culturale per gli utenti interessati ad approfondire il tema della produzione dell’energia idroelettrica oltre che a fruire delle risorse naturalistiche e ambientali ivi presenti.

La Cittadella di Alessandria è un complesso edilizio fortificato, il cui impianto risale alla seconda metà del Settecento, collocato a ridosso del Tanaro e affacciato sulla Città di Alessandria, unica fortezza di pianura realizzata dai Savoia che si è conservata intatta nell’impianto completo e percepibile nella sua unitarietà. Un complesso architettonico la cui funzione originaria è decaduta e la cui vocazione futura appare incerta se non ripensata attraverso un approccio innovativo che coniughi esigenze di conservazione, possibili riusi e sostenibilità economico-gestionale.

La strategia incrementale di recupero delineata per questo bene nel progetto di ricerca dal titolo La Cittadella di Alessandria_Scenari di riuso adattivo, sviluppata nel 2017 dal Dipartimento Architettura e Design del Politecnico di Torino su incarico di Compagnia di San Paolo, è stata sviluppata a partire dalla ridefinizione dei confini e delle possibilità di riuso di questa architettura sovradimensionata, dismessa, resistente ai cambiamenti e caratterizzata da una profondo isolamento.

L’identificazione di tre paesaggi differenti che si confrontano con la Cittadella (paesaggio urbano, paesaggio periurbano e territorio agricolo), l’individuazione di otto ambienti principali che la strutturano e che hanno contribuito a stabilire una prima gerarchizzazione dei 26 edifici la compongono, hanno permesso di svelare le potenzialità latenti di un manufatto unitario ma internamente complesso ed eterogeneo. L’immagine risultante da questa scomposizione ha evidenziato una complessità spaziale meno evidente, ricca di possibilità e potenzialmente in grado di accogliere attività e usi estremamente diversi tra loro per natura, funzione e dimensione.

Insieme ai più urgenti consolidamenti strutturali e alle principali dorsali infrastrutturali da realizzare, la ricerca ha individuato un primo abaco di dispositivi infrastrutturali che diventano il cuore di una strategia d’azione mirata a intervenire minimamente, quasi timidamente, sui manufatti storici caratterizzandosi per flessibilità e reversibilità ma comunque in grado di riattivare immediatamente la Cittadella rendendola sicura, fruibile e aperta.

L’obiettivo del lavoro è stato quello di trasformare la definizione della strategia di recupero per questo bene in un vero e proprio laboratorio di progettazione incrementale in cui, attraverso l’applicazione di un approccio adattivo, si propone un percorso che, pure mantenendo inalterato l’orizzonte della preservazione del manufatto, organizza una sequenza di interventi sviluppati nel tempo e frutto di una filosofia progettuale unitaria.

Riferendosi ad un approccio che considera l'architettura e la pedagogia con una identica valenza formativa (F. Baravelli, Dialogo tra pedagogia e architettura, 2009), il concetto di spazio architettonico viene interpretato in analogia al concetto di spazio educativo. Lo spazio dell’architettura diventa lo strumento che trasmette informazioni, messaggi, percezioni, climi e atmosfere; viene ad essere inteso come un prezioso mediatore pedagogico, che permette di orientare e significare l’organizzazione del pensiero, del vissuto e del comportamento sociale dei bambini e degli adulti.

Attraverso la composizione dei diversi blocchi funzionali che strutturano l’insieme, il progetto ricerca le possibilità di costruire un paesaggio di connessione tra l’esterno della città e l’interno delle aule attraverso la continuità dello spazio, e più in generale tra l’esperienza degli adulti e quella dei bambini. Percorribile attraversando più dimensioni e direzioni, lo spazio raccorda il senso di una continuità del vivere dentro la scuola aprendo la prospettiva ad una molteplicità di luoghi-opportunità, di percorsi fisici, emotivi e mentali, ecologicamente collegati fra di loro. Spazi aperti di prospettive sul paesaggio circostante, sui giardini e sulla corte esplosa verso l’alto -che aprono su cieli a cui rivolgere gli occhi- si accostano a spazi raccolti, protetti, rassicuranti, da cui nasce la “suggestività” dell’ambiente. Spazi “nicchia”, in cui l’immaginario soggettivo possa riposarsi; l’intimità di un “dentro” variabile e lo sguardo che si allarga curiosamente a un “fuori” con la luce, le ombre, la natura che entrano fisicamente nella scuola.

La proposta nasce dalla capacità di interpretare il tema di progetto per generare immagini di riferimento a partire da una suggestione iniziale legata all'interpretazione della complessità del luogo, ispirando e alimentando il progetto secondo un approccio che integra il carattere della morfologia del territorio balneare, il carattere emozionale ed unico del paesaggio naturale e lagunare, il carattere culturale legato ai suoi usi e alla sua storia.

In tal modo il progetto proposto è inteso come metafora (forse palinsesto) del luogo e dei suoi elementi identitari: il progetto “prende” dal luogo gli elementi e i materiali “restituendoli” al luogo stesso una volta reinterpretati nella riqualificazione; il progetto diventa così occasione per “rileggere” gli elementi componenti il paesaggio comacchiese secondo un processo generativo circolare: osservando i diversi aspetti del contesto, individuando ed interpretando i singoli elementi, rinnovando coerentemente l’immagine urbana dell’ambito.

Questi elementi che compongono il paesaggio, insieme alle atmosfere percepite dalle immagini fortemente evocative del territorio stesso, vengono “metabolizzati" all’interno della proposta sia dal un punto di vista dell’uso sia dal punto di vista della forma, trasformandone la fruizione in un momento di veicolo empatico ed emozionale nei confronti del luogo e occasione di possibili rimandi ad approfondimenti rispetto alla cultura locale.

Sulla nuova pavimentazione, che allude al movimento delle onde, s’innestano i pontili di legno che collegano le isole, velme e barene, che corrispondono alle aree in cui il flusso della corrente, delle persone che passeggiano guardando le vetrine, può trovare una sosta o un momento d’uso differente; le infrastrutture della pesca della laguna come le reti da pesca, sono reinterpretate per dare una possibilità di sosta all’interno della nuova piazza-parco che intraprende un dialogo diretto con il paesaggio e la flora tipicamente balneare.

Il nuovo disegno sinuoso che allude alla corrente marittima non è uno stratagemma puramente decorativo: la nuova corrente serve a spostare ed “aprire” lo sguardo e la profondità di campo, portando a dirigere l’attenzione sui bordi esattamente come gli esempi più significativi di riqualificazione in Europa mostrano, permettendoci di creare una nuova ricchezza esperienziale data dalla sovrapposizione di un’idea sorpassata dello spazio monoassiale con quella di uno spazio pubblico poroso e aperto a più punti di vista.

Approccio al progetto: la scelta è stata quella di far derivare la qualità architettonica dall’interpretazione del contesto urbano.

 

1 | Concetto urbanistico Rispetto al profilo definito dallo studio di fattibilità (2012), che segue le geometrie ortogonali imposte dal disegno di piazza Nikoletti, il progetto sceglie di variare il piano terreno introducendo l’andamento obliquo di via Augusta che viene interpretato quale occasione per “scolpire” il fronte sulla via stessa, definire nuove prospettive “da” e “per” la piazza oltre che incrementare lo spazio urbano e pubblico complessivo. In questo modo, l’effetto di risonanza della piazza si amplifica grazie alle nuove prospettive aperte, e introdotte dal progetto, che ne consentono la vista già dalla rotonda; allo stesso tempo, l’inclinazione determinata dalla via consente di far aggettare, “sospendendolo”, il braccio disposto lungo piazza Nikoletti. Gli inserimenti ambientali evincono come il progetto confermi lo skyline della piazza. La scelta del progetto è stata quella di collocare l’ingresso al distretto su via Augusta, in previsione della realizzazione del centro lungodegenti mentre la farmacia, occupando il piano terreno del fabbricato disposto lungo piazza, si affaccia su quest’ultima alimentandone i flussi.

 

2 | Qualità architettonica L’aspetto materico dell’intero edificio è ottenuto mediante la giustapposizione di porzioni opache, traslucide e trasparenti che interpretano gli elementi della composizione urbana:

 

  • l’importanza del distretto viene enfatizzata dal sistema distributivo verticale, orientato sull’asse della via, a cui è associato il concetto di trasparenza e di profondità della facciata;
  • i fronti che completano la piazza e l’aggetto sulla via vengono interpretati come maggiormente opachi e materici attraverso l’uso della pietra che viene utilizzata in lamelle applicate alla facciata opaca piuttosto che trasparente come brise soleil;
  • l’elemento di contatto con la preesistenza è pensato con una facciata continua realizzata con vetro traslucido “opalino” al fine di garantire una adeguata privacy degli ambienti.

 

3 | Aspetti funzionali In aderenza al programma funzionale, i diversi ambiti sono stati organizzati per piani, messi in relazione dal sistema distributivo verticale. Le attività maggiormente orientate al pubblico sono state collocate ai piani primo e secondo mentre le attività amministrative sono posizionate al terzo piano. I servizi generali sono diffusi e distribuiti a seconda delle esigenze degli ambiti. Al piano interrato i magazzini e i servizi.

Obiettivi: RINNOVARE puntualmente l’immagine, ricca di memorie collettive e individuali; ADEGUARE il funzionamento e l’organizzazione degli spazi presenti –residenziali, amministrativi, culturali– attraverso la loro ristrutturazione quali-quantitativa. Al fine di perseguire le finalità previste dal bando, in un’ottica di continuità, si è scelto di adottare un intervento di ristrutturazione integrale dei corpi di fabbrica esistenti
. Azioni: L’alleggerimento funzionale si concretizza per mezzo di tre tipologie di intervento: demolizione di parti di fabbricati; svuotamenti di parti di fabbricati; riorganizzazione dell’articolazione funzionale interna. Demolizione. Le parti di cui si prevede la demolizione parziale corrispondono all’ingresso principale e alla palestra: in entrambe i casi, alla luce della significativa contrazione richiesta, si è optato per la demolizione delle parti ‘eccedenti’. Svuotamenti. La riorganizzazione e redistribuzione degli spazi amministrativi e di servizio, nonché della residenza studentesca, ha consentito la ‘liberazione’ di aree occupate che vengono così rinnovate: i fabbricati vengono così ‘scavati’ e, al loro interno, si ricavano nuovi spazi aperti (coperti ma non riscaldati) per la vita collettiva. Questi spazi funzionano sia da connettivo tra le funzioni, sia come appendici all’aperto delle attività funzionali prospicienti. Riorganizzazione. Gli spazi funzionali vengono riorganizzati al fine di rispondere alle nuove esigenze: le camere, le attività collettive e amministrative sono ridimensionate e ricollocate in base al nuovo layout. L’azione di riorganizzazione comporta due attività specifiche: demolizione/nuova costruzione dei tramezzi interni; integrazione del connettivo esistente: i collegamenti verticali permangono mentre quelli orizzontali vengono ridefiniti per lasciare spazio alle camere).

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