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Ultima modifica: 18 gennaio 2016

Nel cuore del quartiere storico di San Salvario a Torino, l’intervento di ristrutturazione edilizia dell’unità abitativa, sita al terzo piano in un edificio storico, ha come obiettivo principale quello di plasmare l’appartamento attraverso una lettura contemporanea degli spazi mantenendo le caratteristiche storiche-artistiche esistenti di pregio.

L’intervento oltre a modificare la disposizione interna dei locali, realizzando un grande spazio di soggiorno centrale, mira ad integrare preesistenza e nuovo intervento per mezzo dell’uso di materiali e tecniche d’intervento in grado di rendere leggibile le stratificazioni.

Al fine di ottenere l’accorpamento delle due stanze centrali è stato necessario posizionare un portale in carpenteria metallica in grado di sostenere le due volte affrescate restaurate e connotare in modo contemporaneo l’intervento.

Per sottolineare questa dualità si è voluto mantenere nella stanza la porzione di pavimento in parquet originario, mentre nella restante metà è stato scelto di utilizzare una pavimentazione a mosaico ceramica.

Sul finire degli anni ‘20 del Novecento, l’Ing. C. Bonicelli progetta il piccolo cinema Savoia (poi Astra) con annesso chalet a uso birreria. L’edificio, gradevole esempio di Art Decò, si presentava diverso dalla sua conformazione originaria a causa di rimaneggiamenti consistenti eseguiti negli anni ’60 del Novecento. L’edificio si caratterizzava per la sua potente carica emotiva, specie nella sala, derivata da una complessità di segni impressi sulla muratura e sulle superfici parietali. L’obiettivo è stato quello di ottenere un teatro caratterizzato da un’aura decadente dove le macchine dello spettacolo non sono disgiunte dall’aspetto dell’architettura. Il progetto del nuovo, sia nei termini delle attrezzature di sala che nel completamento dell’edificio, integrando le parti originali con la sovrapposizione di una nuova costruzione, deve accentuare il senso della stratificazione storica: il contrappunto non è solo fra restauro rigoroso e libertà compositiva, ma anche fra conservazione dei manufatti esistenti e loro messa in mostra in una operazione di definizione della cornice teatrale che, nel completamento reciproco delle parti, trova senso ed espressione.

L’area oggetto dello studio corrisponde al settore delimitato dalle vie Stradella, Orvieto, Tesso, denominato Borgata Tesso e comprendente l’asta di via Giachino. Oggetto dello studio è il tessuto edilizio che compone il settore descritto. Gli obiettivi cardine della ricerca sono due. Il primo è quello di ‘fotografare’ la realtà del tessuto edilizio indagato quale è in relazione ad alcune categorie conoscitive individuate a priori e tali, in sintesi, di descriverne i caratteri e i contenuti; il secondo è quello di riconoscere i punti di ‘forza’ e di ‘debolezza’ che connotano l’immagine urbana del settore e di delineare possibili sviluppi di ri-composizione morfologica di insieme. La ricerca, impostata come descritta di seguito, potrebbe avere quale ricaduta l’essere lo strumento conoscitivo per l’elaborazione specifica di un progetto di recupero dell’intero ambito.

Un estratto della ricerca è stato pubblicato in S. Gron, E. Vigliocco, Impronte urbane_01. Les Lieux / les Choses / la Règle, Politecnico di Torino, Torino 2011, pp. 66-69.

L’IpCA rappresenta un esempio di complesso industriale fortemente stratificato che attualmente versa in uno stato di totale abbandono e degrado; proprio le stratificazioni (le aggiunte, le diverse destinazioni d’uso, il momentaneo abbandono e il successivo riuso) conferiscono valore aggiunto al complesso industriale. Per questa ragione, più che in altri contesti, si ha la possibilità di leggere una “storia dell’architettura” fatta di materiali e tecnologie che si sostituiscono l’una all’altra o che si sovrappongono in un interessante palinsesto di esempi legati alla sperimentazione del calcestruzzo armato, del ferro, della ghisa, dell’acciaio; all’uso delle ampie superfici vetrate o delle coperture a shed; all’utilizzo di fonti energetiche naturali e/o artificiali. L’abbandono in cui versa attualmente l’area ha condotto all’esigenza di elaborare uno studio in grado di offrire scenari differenti di interventi possibili e utili per valutare il possibile impatto relativo. A seguito di una prima fase di conoscenza delle problematiche specifiche, il gruppo ha sviluppato tre scenari di intervento di cui sono state messe in evidenza le rispettive criticità e positività; ciascuno scenario è stato analizzato dal punto di vista della valutazione tecnica ed economica. In ogni caso gli obiettivi delle speculazioni progettuali consistono, da un lato, nella restituzione della porzione di territorio della ex fabbrica alla dimensione cittadina di cui fa parte ma da cui è sempre stata isolata, dall’altro, elaborare una proposta effettivamente efficace dal punto di vista della compatibilità e coerenza con l’ambiente circostante.

Il progetto riguarda il recupero del centro storico del Comune di Serralunga d’Alba, piccolo centro dedito alla coltura della vite. Il nucleo abitato, disposto introno al Castello medievale, si organizza lungo due anelli concentrici: il più interno, compatto e omogeneo; il più esterno, maggiormente rarefatto e rivolto verso la campagna circostante. Molti sono i lotti non edificati e molti sono gli edifici che versano in un profondo stato di degrado materico. Il progetto ha due obiettivi: il primo, costituito dal ridisegno e riqualificazione degli spazi collettivi presenti, in particolare le piazze e gli spazi pubblici in genere; il secondo, la definizione dei caratteri materici costituenti i due anelli in modo da guidare le possibili implementazioni e integrazioni. A una prima fase di analisi materica e geometrica dei fabbricati e degli spazi tutti, è seguita una fase progettuale che ha condotto alla definizione di specifici progetti di riqualificazione.

Un estratto della ricerca è stato pubblicato in S. Gron, E. Vigliocco, Impronte urbane_01. Les Lieux / les Choses / la Règle, Politecnico di Torino, Torino 2011, pp. 34-35.

Il titolo completo del concorso, Progetto speciale periferie, Concorso nazionale di progettazione partecipata e comunicativa. La connessione ciclo-pedonale del sistema parco fluviale della Dora Riparia con il quartiere di S. Donato e il recupero dell’ex cartiera S. Cesareo in Torino, illustra i differenti temi di progetto: un percorso ciclo-pedonale che termina all’interno del complesso della ex Cartiera San Cesareo da trasformare in scuola per l’infanzia. La dimensione partecipativa dell’intera iniziativa ha permesso di sperimentare i temi e le occasioni della progettazione partecipata all’interno di un percorso di formazione che è durato più di sei mesi e che ha visto interagire il gruppo con differenti realtà sociali.

Il progetto prevede il risanamento conservativo di una serie di monumenti e spazi degradati posti all’interno del centro storico della città. All’interno di un percorso culturale che mette in comunicazione i differenti luoghi, questi ultimi sono concepiti come spazi da ripensare un’ottica di ‘corti aperte’ al visitatore: corti, all’interno delle quali, è possibile trovare nuovi significati di rinnovamento culturale (corte dello spettacolo, corte della musica, etc.).
Il tema progettuale sviluppato con questa sperimentazione è stato quello della sequenza concatenata di eventi e occasioni di progetto risolte in un'ottica di continuità e coerenza interna e tale da non compromettere la leggibilità della varietà architettonica presente all'interno di un centro storico profondamente caratterizzato dalla matrice medioevale.

Sul finire degli anni ‘20 del Novecento, l’Ing. C. Bonicelli progetta il piccolo cinema Savoia (poi Astra) con annesso chalet a uso birreria. L’edificio, gradevole esempio di Art Decò, si presentava diverso dalla sua conformazione originaria a causa di rimaneggiamenti consistenti eseguiti negli anni ’60 del Novecento. L’edificio si caratterizzava per la sua potente carica emotiva, specie nella sala, derivata da una complessità di segni impressi sulla muratura e sulle superfici parietali. L’obiettivo è stato quello di ottenere un teatro caratterizzato da un’aura decadente dove le macchine dello spettacolo non sono disgiunte dall’aspetto dell’architettura. Il progetto del nuovo, sia nei termini delle attrezzature di sala che nel completamento dell’edificio, integrando le parti originali con la sovrapposizione di una nuova costruzione, deve accentuare il senso della stratificazione storica: il contrappunto non è solo fra restauro rigoroso e libertà compositiva, ma anche fra conservazione dei manufatti esistenti e loro messa in mostra in una operazione di definizione della cornice teatrale che, nel completamento reciproco delle parti, trova senso ed espressione.

Dopo l’aggiudicazione del concorso, il gruppo di lavoro ha affrontato l’ingegnerizzazione del progetto per la riqualificazione dell’area Ingest del Parco Dora di Torino. L’area ha come punto focale la presenza del fiume Dora che è stato una delle principali fonti di approvvigionamento energetico che ha permesso lo sviluppo industriale della città di Torino a partire dalla seconda metà dell'Ottocento. Proprio l’area oggetto di analisi si caratterizza per la presenza del relitto industriale di una delle quattro grandi fabbriche torinesi: le ferriere della Fiat–Teksid, poi Ingest. La progettazione del Parco Dora ha quali elementi centrali: 1/ l’integrazione della Dora; 2/ la metamorfosi di quanto è già esistente; 3/ la connessione del parco con la città.
Al fine di costruire un nuovo parco che potesse rappresentare il luogo di connessione e risaldatura funzionale di aree urbane separate dalla fase industriale, gli obiettivi del progetto sono stati: il recupero delle fondazioni industriali per la creazione di uno specchio d’acqua; la costruzione di un Hortus conclusus nello scheletro del fabbricato che ospitava la palazzina uffici del complesso industriale; la creazione di una vasta zona arborata; la realizzazione di spazi di interconnessione (piazze urbane) di saldatura con le aree urbanizzate limitrofe.

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